Il “nostro” Presepio

“Siamo ormai alla vigilia di Natale, che ricorda la venuta storica di Gesù Cristo nel mondo.
Fin dalla sua nascita, impossibile non ricordare quello che il vangelo dice: “non vi era posto
per loro nell’alloggio” (Lc. 2,7); Gesù Cristo nasce non in una casa ma in un riparo di fortuna. San Francesco nel primo presepio, con il trasporto spirituale di presenza che lo conduceva a quel momento, ha posto i due classici animali che provvedevano perlomeno in parte al suo “riscaldamento”, il bue e l’asino.
Chi menziona la mangiatoia è l’evangelista Luca. Chi parla ancora di venire al mondo di
Gesù è nientemeno che Giovanni, l’evangelista simboleggiato dall’aquila, per la sua acutezza nel vedere in profondità il mistero di Gesù, il “Verbo che si è fatto carne”. Molte traduzioni, compresa quella liturgica che leggiamo nella messa del giorno di Natale, continuano il versetto con le parole: “e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv. 1.14).
Non vi è dubbio che il concetto è quello, quello di venire a dimorare tra gli uomini. Sono, però, diverse le parole del testo evangelico: “pose la sua tenda tra noi”. Non è una cosa da poco. Non solo per testimoniare un’abitazione di molti in Palestina in quel tempo: la maggior parte delle persone abitava in case di muratura; non così i pastori del deserto di Giuda, i quali abitavano in tende (e vi abitano tutt’oggi, alcuni). Ma la ragione più forte sta nella memoria della “tenda”, la “dimora” con gli elementi più espressivi della fede ebraica, che accompagnava gli Ebrei usciti dalla schiavitù dell’Egitto. Dunque, la “tenda-dimora” di
Dio in mezzo al suo popolo. Questo dice Giovanni di Gesù: “pose la sua tenda”.                              Continuiamo a fare i presepi. Quasi sempre la “grotta” è una capanna per il ricovero degli animali; qui Gesù – è ancora Luca che parla – viene posto “in una mangiatoia”.
Nello spazio ristretto della cripta non potevamo fare un presepio grande come nella chiesa.
Sarà un segno, chissà? Ma mettendo insieme il testo evangelico di Giovanni e le foto della martoriata striscia di Gaza, con insediamenti in tende di migliaia di persone circondati dalle macerie degli edifici distrutti, è stato quasi spontaneo pensare alla “sua tenda” come una delle tende degli sventurati di questo provatissimo lembo di terra.                                                                                                                                        Gesù Cristo, fin dalla nascita ha fatto la scelta non solo sociologica ma veramente teologica della tenda: la sua dimora tra gli uomini è tra gli ultimi, tra i costretti alla tenda. Davvero egli è venuto “tra gli uomini”, e privilegiando questi uomini! Almeno quanti non celebriamo il Natale solo da un punto di vista consumistico, ci sentiamo condotti, anche nel nostro umile presepio di quest’anno, a comprendere la portata dell’incarnazione del Figlio di Dio!”                                                                                                            (tratto dalla Riflessione di domenica 22.12.2024 a cura del parroco)

Share